Benedetta Paravia, star tv negli Emirati: «La mia Dubai? Non è come ve la immaginate»

Conduttrice di «Hi Dubai», racconta 24 storie al femminile di donne degli emirati e straniere. L'obiettivo è mostrare che l'idea dell'Islam dell'Occidente non è sempre realtà
Benedetta Paravia star tv negli Emirati «La mia Dubai Non è come ve la immaginate»

«Dubai non è come lo immaginate voi». Benedetta Paravia ci tiene e lo dice più volte. Sugli Emirati Arabi circolano stereotipi che non corrispondono alla realtà. Certamente non a quella che ha conosciuto lei che per la prima volta è arrivata a Dubai nel 2002 ed è ora un volto noto della televisione emiratina con il programma Hi Dubai, Ciao Dubai, in onda sul primo canale locale per 7 puntate e visibili anche sul web. Lo conduce a capo scoperto, ma sempre con abiti sobri.

Salernitana di origine e romana per studi divide ora il suo tempo fra la capitale italiana e gli Emirati di cui dice di essersi innamorata appena sbarcata nel suo anno sabbatico dopo l’Università. «Un anno passato a conoscere una cultura diversa». In questi giorni è, unica italiana, fra gli ambasciatori di pace invitata alla visita di Papa Francesco negli Emirati Arabi durante la prima visita di un pontefice in questi luoghi.

Laureata in giurisprudenza, ma con lo spettacolo e l’arte come passione profonda ha fatto come primo programma un educational per studentesse degli Emirati che comprendeva uno scambio con le ragazze che arrivavano in Italia. Ha poi fondato la onlus A.N.G.E.L.S. per l'assistenza medica dei bambini malati dalle aree colpite dalla guerra. Il ritorno negli Emirati Arabi è del 2012 chiamata da un centro per bambini disabili. Ha prodotto, scritto e cantato canzoni per beneficenza.

Della tv era stata ospite, non certo produttrice o volto. Nel 2016 l’idea: un programma tv per far vedere alle persone che incontrava che non aveva senso, per lei, la domanda che tutti le facevano: «Come fai a vivere in un paese maschilista dove la donna non è rispettata?».

Da qui è nata la volontà di fare un programma per far vedere che il maschilismo c’è meno che in Italia. «Negli Emirati ci sono molte donne ministri e direttori generali di aziende e non c’è la mercificazione del corpo che da noi è evidente in tv dove si finisce solo se belle. Se un uomo ha l’ardire di guardare una donna velata lei lo può denunciare, spesso si vedono tavoli misti nei locali con uomini e donne».

Il risultato è un docu-reality che racconta le storie vere di 24 donne che negli Emirati vivono, lavorano e studiano. «Le 12 locali sono velate, tranne una studentessa», spiega la conduttrice, «è lei a spiegare il suo paese e la sua religione danno libertà di scelta: “Io non devo dimostrare che sono una brava donna con il velo, ma con le mie azione”».

Ci sono artiste, giornaliste, scrittrici, studentesse soprattutto fra le nuove generazioni. Sono le loro storie a mostrare l’autodeterminazione femminile, anche nel mondo arabo. «Parliamo di storie vere di donne, dei loro successi, del perché sono fiere di essere degli Emirati, che danno la priorità a chi nasce emiratino e solo successivamente si aprono a chi viene da fuori».

Sono 280 le nazionalità diverse negli EAU, 12 donne straniere raccontano la loro storia di successo nel programma. «Qualsiasi nazionalità può arrivare a una posizione di livello alto. Si avanza attraverso il lavoro e il denaro nella scala sociale. È il successo economico l’elevatore sociale e vale per tutti da qualsiasi livello si parta. Come era nel sogno americano».

Ci sono anche italiani fra le persone che hanno cambiato la loro vita. «Dormivano in un’auto affittata e in due anni sono riusciti a costruirsi una villa grazie al business della pizza a domicilio. Sono diventati milionari». Non succede a tutti. Resta l'immigrazione con possibilità di ascesa sociale nulla come quella indiana e pakistana, la più bassa manovalanza.

Nella produzione patrocinata dalla Ministra della Tolleranza, Sheikha Lubna bint Khalid Al Qasimi, ci sono anche due italiane residenti a Dubai: la blogger Simona Briggiotta conosciuta come Samira Cooper e l’esperta di Fondi Sovrani Celeste Lo Turco. Poteva esserci anche lei che si è sposata con un cristiano, come lei, nell'islamica Abu Dhabi Court.

La cosa migliore e la cosa peggiore di Dubai? «La migliore è la repulsione della volgarità e della scortesia che per loro è cosa vergognosa. Non si sente un clacson per strada. Una parolaccia detta dall’auto ti porta direttamente in caserma per essere redarguito. In tv non ci sono momenti trash in cui la gente si insulta e si alza il tono della voce». E in negativo? «Va migliorato il lato obsoleto del sistema giudiziario. Il reato finanziario è per loro gravissimo e si finisce in carcere anche per un debito da 400 euro».

Amnesty International segnala anche altro: arbitrarie restrizioni alle libertà d’espressione e d’associazione, «applicando leggi penali sulla diffamazione e l’antiterrorismo, allo scopo di detenere, perseguire, condannare e incarcerare persone critiche verso il governo e un noto difensore dei diritti umani». E ancora: «Le donne sono rimaste discriminate nella legge e nella prassi. I lavoratori migranti sono rimasti esposti a sfruttamento e abusi».

LEGGI ANCHE

https://www.vanityfair.it/news/storie-news/2018/12/04/sette-anni-per-progettare-la-fuga-dalla-prigione-dorata-il-piano-della-principessa-di-dubai

LEGGI ANCHE

Dubai, le opportunità lavorative e i consigli per trasferirsi lì

LEGGI ANCHE

Emirati Arabi Uniti, dove il deserto si riprende le strade

LEGGI ANCHE

La denuncia di Human Rights Watch: «Dove sei, principessa Latifa?»